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L'uomo è sempre stato attratto dalle profondità marine, infatti la storia della subacquea è molto antica. Già gli antichi romani se ne interessarono così come Leonardo Da Vinci. Nel 1749, l'inglese "John Lethbridge" descrisse uno scafandro, asserendo di averlo usato fino a una profondità di 18 m. Nel 1772 il francese "S. Freminet" propose uno scafandro, da lui denominato "macchina idrostatica", che consisteva di un abito intero di cuoio, munito di anelli di rinforzo per resistere alla pressione dell'acqua. L'aria era contenuta in un serbatoio ed era inviata allo scafandro mediante un tubo. In Germania, nel 1798, "K. H. Kleingert" progettò un tipo di scafandro simile a quello di Freminet, ma nel quale l'aria era direttamente pompata dall'esterno attraverso alcuni tubi.Il casco, o elmo, moderno, di rame, fu inventato dal tedesco "August Siebe", nel 1839. Nel 1844 l'Accademia delle Scienze di Francia fornì ad un professore americano, "Milne Edwards", un apparecchio di immersione per poter studiare la fauna e la flora del mare di Sicilia. Consisteva di un casco metallico, che comunicava con la superficie mediante un tubo flessibile, nel quale veniva immessa l'aria. Il vestito gommato da palombaro fu proposto in Francia, nel 1857, da "Louis Cabirol", mentre altri due ricercatori francesi, "B. Rouquayrol" e "F. Denayrouze", nel 1864, misero a punto l'apparecchio per la riserva d'aria, in cui la pressione variava automaticamente con la profondità. Questi due elementi, accoppiati all'elmo di Siebe, avrebbero dato luogo allo scafandro classico da palombaro. Ma fu il sistema di rigenerazione dell'aria, per mezzo di ossigeno sotto pressione, che rese appunto possibile nel nostro secolo la fabbricazione dell'autorespiratore.
Un primo apparecchio autorespiratore fu messo a punto dal francese "Yves Le Prieur" nel 1926. Poco dopo apparve il modello inglese "Davis", largamente usato fino al 1940, costituito da una borsa di gomma, quasi rettangolare, lungo il bordo inferiore della quale era fissata una bomboletta di ossigeno, che vi defluiva attraverso un riduttore di pressione; superiormente alla borsa si dipartiva un tubo che tertninava con un boccaglio di gomma. Al centro della borsa si trovava una scatola contenente una miscela di calcio e di sodio, atta ad assorbire l'anidride carbonica prodotta dai polmoni; una maschera facciale a protezione del viso completava l'autorespiratore. Il Sub stringeva tra i denti il boccaglio, si serrava il naso con una pinzetta e, ruotando un volantino posto sul riduttore, immetteva nella borsa l'ossigeno che giungeva alla bocca attraverso il tubo. Durante la respirazione, l'aria viziata espulsa dai polmoni veniva inviata alla scatola contenente la miscela di calcio e sodio e, dopo essersi depurata dell'anidride carbonica, ritornava in circolo mediante un sistema di valvole. Quando la respirazione stava per diventare difficile, il sommozzatore immetteva nella borsa altro ossigeno, ruotando l'apposito volantino. I primi autorespiratori ad aria compressa vennero introdotti verso il 1930, grazie all'opera determinante del francese "Jacques Yves Cousteau". Allora semplice ufficiale di marina, Cousteau, destinato a diventare il piu grande esploratore del mondo subacqueo dei nostri tempi, aveva provato tutti gli equipaggiamenti disponibili, comprese le bombole portatili ad aria compressa, ma li aveva ritenuti di scarsa affidabilità riguardo il problema della sicurezza.
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